domenica 4 dicembre 2011

Diventare genitori prematuri

Non sapevo se e quando avrei scritto questo post. Ora ci provo, sperando di poter essere utile a qualcuno che si trova a dover affrontare una situazione simile (v. anche informazioni e siti utili), e un po’ anche a me stessa.
La nascita di Edo, a 28 settimane di gestazione, ci ha catapultati nel difficile mondo della prematurità.

Magari ti sei informata tanto su gravidanza e parto e stai progettando un parto naturale in una “Casa del parto”, magari addirittura un parto in casa. Forse è andato tutto alla perfezione fino a quel momento. Vai tranquilla a fare un controllo in ospedale per dei dolorini un po’ più forti del solito e ti ritrovi all’improvviso in una barella, con il divieto assoluto di muoverti e il rischio di partorire con quasi tre mesi di anticipo.
O forse, come ho sentito raccontare dalla maggior parte delle donne conosciute in TIN (terapia intensiva neonatale), le cose sono precipitate piano piano e si è dovuto ricorrere ad un taglio cesareo con largo anticipo.

Comunque siano andate le cose, ad un certo punto noi, come purtroppo molti altri genitori, ci siamo trovati spaventati, confusi ed impreparati, ad affrontare un mondo sconosciuto. Un mondo di ospedali, colloqui quotidiani con i medici, elenchi di complicanze probabili, incubatrici, attese per vedere per qualche ora il proprio piccolo, cappe, cuffie e copri scarpe sterili, lavaggi e disinfezioni delle mani, tiralatte e freezer portatili. Pensavamo di goderci il pancione ancora qualche mese, e invece non ero più incinta, ma il nostro bimbo non era con noi. Era in TIN dove qualcun altro se ne prendeva cura, perché, stranamente, poteva farlo meglio di noi.

Abbiamo iniziato ad odiare quel reparto, ma anche ad amarlo perché senza medici e strumenti forse il nostro piccolo forse non ce l'avrebbe fatta, o avrebbe avuto grossi problemi. Era difficile sentirsi mamma e papà. La normale vita si sospende e ora ruota tutto intorno a lui, ma lui non c’è. Quel bimbo che avevamo immaginato roseo e paffuto,  invece era un topolino magro e spaesato, catapultato in questo mondo dove doveva respirare, nutrirsi, muoversi, senza essere pronto a farlo. Ma il piccolo è un gran guerriero: ha combattuto dal primo giorno ed è andato avanti, passetto dopo passetto, senza complicanze, smentendo tutte le pessimistiche previsioni che ci facevano i medici per prepararci in caso di difficoltà.

Io mi dedicavo giorno e notte al tiralatte. In gravidanza avevo letto “Un dono per tutta la vita” di Gonzales, sapevo quanto fosse importante il latte materno e sapevo come fare per avviare una buona produzione. Ho iniziato a chiedere al personale infiermeristico il giorno stesso del parto e, alla sera, ho iniziato a usare il tiralatte dell’ospedale. Se il latte materno è fondamentale per tutti i bimbi, per i prematuri è, citando un medico,  “una vera medicina”. Il topolino ha iniziato presto ad assumerlo (per sondino, è stata una conquista, come ogni altro piccolo passo) e a crescere, piano piano, 5 grammi, 10 grammi al giorno, ma senza mai fermarsi. Ci dicevano “E’ normale che il peso oscilli” e invece lui continuava a crescere.

E noi ogni giorno in ospedale, cercando di stare il più possibile con lui. All'inizio appoggiavamo solo le mani sul suo corpicino attraverso gli oblò dell’incubatrice, poi, dopo una settimana, abbiamo iniziato a fare quotidianamente Marsupioterapia, questa meravigliosa pratica senza la quale non so come avrei fatto a sopportare il distacco. Si tratta di tenere il bimbo pelle a pelle sul petto della mamma. Il contatto aiuta  il bimbo a stabilizzare le sue funzioni vitali, a  termoregolarsi, a respirare meglio, dicono gli studi scientifici. Io dico che gli fa anche sentire che c’è qualcuno che lo aspetta e lo ama, che c’è un motivo per combattere.

Nel mondo!

Abbiamo parlato ore e ore a questo cuccioletto, abbiamo cantato per lui, gli abbiamo raccontato quanto sarebbe stata bella la vita con mamma e papà una volta usciti dall’ospedale. Gli abbiamo detto che non saremmo più andati via e saremmo stati sempre con lui. Gli abbiamo descritto quanto era bello il posto dove avrebbe vissuto, in mezzo ai monti verdi, che dalla camera da letto si vede un grande prato con delle ochette che girano tutto il giorno, che avrebbe dormito con mamma e papà e sarebbe stato in braccio quanto voleva, che saremmo andati in giro vicini vicini nella fascia porta bebè. Che gli volevamo bene, e lo avremmo amato e sostenuto qualunque tipo di persona sarebbe voluto diventare da grande.

E lui ci ha premiato. 

Le previsioni erano che, se fosse andato tutto bene, saremmo tornati a casa intorno alla data prevista per il parto, cioè 90 giorni dopo la nascita, e invece “solo” dopo 50 giorni abbiamo fatto le valige (anche noi ci eravamo trasferiti in città per stargli vicino), e siamo ritornati sui nostri monti. Finalmente!

4 commenti:

Lucia ha detto...

La tua esperienza non la auguro a nessuno, ma per fortuna si è conclusa bene... e voi siete stati bravissimi, te lo voglio scrivere anche qui... Fortissimi e pieni di amore e soeranza... questo vi ha tenuti in piedi e lo farà sempre, siete una forza! Vi abbraccio...

Calendula ha detto...

Grazie Lucia!
Piano piano (molto piano) tutto questo inizia a diventare un ricordo mentre il piccolo cresce. Ho ancora il tiralatte a ricordarmi che le cose non sono andate in modo normale ma, in un modo o nell'altro, anche quello prima o poi sparirà
Un bacione

Unknown ha detto...

Mi hai fatta commuovere! L'incoraggiamento alla vita... bellissimo. Deve essere stata dura.

Calendula ha detto...

Ti ringrazio.
Si in effetti è stata dura, anche se quando ci sei dentro quasi non te ne rendi conto. Ma ormai è tutto un ricordo!